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libro decimosesto 97

     Così detto, s’assise. Il figlio allora
Del genitor s’abbandonò sul collo,245
In lagrime scoppiando, ed in singhiozzi.
Ambi un vivo desir sentian del pianto:
Nè di voci sì flebili e stridenti
Risonar s’ode il saccheggiato nido
D’aquila, o d’avvoltojo, a cui pastore250
Rubò i figliuoli non ancor pennuti,
Come de’ pianti loro, e delle grida
Miseramente il padiglion sonava.
E già piagnenti, e sospirosi ancora
Lasciati avriali, tramontando, il Sole,255
Se il figlio al padre non dicea: Qual nave,
Padre, qua ti condusse, e quai nocchieri?
Certo in Itaca il piè non ti portava.
     Celerò il vero a te? l’eroe rispose.
I Feaci sul mar dotti, e di quanti260
Giungono errando alle lor piagge, industri
Riconduttori, me su ratta nave
Dormendo per le salse onde guidaro,
E in Itaca deposero. Mi fero
Di bronzo in oltre, e d’oro, e intesti panni,265
Bei doni, e molti, che in profonde grotte
Per consiglio divin giaccionmi ascosi.
Ed io qua venni al fin, teco de’ Proci