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libro decimosesto 93

Mi struggon tutti; nè andrà molto forse,
Che più grata sarò vittima io stesso.145
Ma ciò de’ Numi su i ginocchi posa.
Babbo, tu vanne rapido, e alla madre
Narra, che salvo io le tornai da Pilo.
Così narralo a lei, che alcun non t’oda
Degli Achivi, e qua riedi, ov’io m’arresto.150
Ben sai, che molti del mio sangue han sete.
     E tu in risposta gli dicesti, Euméo:
Conosco, veggo, ad uom, che intende, parli.
Ma non vorrai, che messo all’infelice
Laerte ancor per la via stessa io vada?155
Ei, pensoso d’Ulisse un tempo e tristo,
Pur dei campi ai lavor guardava intento,
E, dove brama nel pungesse, in casa
Pasteggiava co’ servi. Ed oggi è fama,
Che da quel dì, che navigasti a Pilo,160
Nè pasteggiò co’ servi, nè de’ campi
Più ai lavori guardò; ma sospirando
Siede, e piangendo, e alle scarne ossa intanto
S’affigge, ohimè! l’inaridita cute.
     Gran pietade! Telemaco riprese.165
Ma lasciamolo ancor per brevi istanti
Nella sua doglia. Se in man nostra tutto
Fosse, il ritorno a procurar del padre