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libro decimoquinto 83

Polibo il figlio, che di Nume in guisa
Onoran gl’Itacesi. Egli è il più prode,645
E il regno più, che gli altri, e la consorte
D’Ulisse affetta. Ma se pria, che questo
Maritaggio si compia, i Proci tutti
Non scenderanno ad abitar con Pluto,
L’Olimpio il sa, benchè sì alto alberghi.650
     Tal favellava; ed un augello a destra
Gli volò sovra il capo, uno sparviere,
Ratto nunzio d’Apollo: avea nell’ugne
Bianca colomba, e la spennava, e a terra
Fra lo stesso Telemaco, e la nave655
Le piume ne spargea. Teocliméno
Ciò vide appena, che il garzon per mano
Prese, e il trasse in disparte, e sì gli disse:
Senza un Nume, o Telemaco, l’augello
Non volò a destra. Io, che di contra il vidi,660
Per augurale il riconobbi. Stirpe
Più regia della tua qui non si trova,
Qui possente ad ognor fia la tua casa.
     Così questo, Telemaco rispose,
S’avveri, o forestier, com’io tai pegni665
Ti darei d’amistà, che te chiunque
Ti riscontrasse, chiameria beato.
Quindi si volse in cotal guisa al fido