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libro decimoquinto 81

Colpita fu la nequitosa donna.
Nella sentina con rimbombo cadde,595
Quasi trafitta folaga. Tra l’acque
La scagliaro i Fenici, esca futura
Ai marini vitelli; e nella nave
Solo io rimasi, abbandonato, e mesto.
Poi l’onda, e il vento li sospinse ai lidi600
D’Itaca, dove me comprò Laerte.
E così questa terra, ospite, io vidi.
     Euméo, rispose il pazïente Ulisse,
Molto a me l’alma commovesti in petto,
Narrando i casi tuoi. Ma Giove almeno605
Vicin tosto ti pose al male il bene,
Poichè venisti ad un signor cortese,
Che quanto a rallegrar, non che a serbare,
La vita è d’uopo, non ti niega. Ed io
Sol dopo lunghi, e incommodi viaggi610
Di terra in terra, a queste rive approdo.
     Tali fra lor correan parole alterne.
Dormiro al fin, ma non un lungo sonno:
Chè in seggio a comparir d’oro la bella
Già non tardò ditirosata Aurora.615
     Frattanto di Telemaco i compagni
Presso alla riva raccogliean le vele.
L’albero dechinâr, lanciaro a remi