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libro decimoquinto 69

Di nobili destrieri Argo sen venne,
Volendo il fato, che su i molti Argivi295
Regnasse; sposa quivi scelse; al cielo
Levò le pietre della sua dimora;
E i forti generò Mantio, e Antifáte.
Di questo il grande Oicléo nacque, e d’Oicléo
Il salvator di genti Anfiarao,300
Cui tanto amor Febo portava, e Giove.
Pur di vecchiezza non toccò la soglia:
Che, generati Anfiloco e Alcmeóne,
Sotto Tebe perì dalla più avara
Donna tradito. Ma da Mantio al giorno305
Clito usciro, e Polifide. L’Aurora
Per la beltà, che in Clito alta splendea,
Rapillo, e il collocò tra gl’Immortali;
E Febo, spento Anfiarao, concesse
Più, che ad altr’uom, de’ vaticinj il dono310
A Polifide, il qual, crucciato al padre,
Trapassò in Iperesia, ove a ciascuno
Del futuro squarciar solea il velame.
     Figlio a questo era il pellegrin, che stette
Di Telemaco al fianco, e si chiamava315
Teocliméno; appo la negra nave,
Mentr’ei libava, e supplicava, il colse,
E a lui con voci alate, Amico, disse,