Pagina:Odissea (Pindemonte).djvu/447

66 odissea

     E Telemaco allor: Così ciò voglia
L’altitonante di Giunon marito,220
Come voti da me tu avrai, qual Diva!
Disse, e i destrieri flagellò, che ratti
Mosser per la cittade, e ai campi usciro.
Correan l’intero dì, squassando il giogo,
Che ad ambi stava sul robusto collo.225
Tramontò il Sole, ed imbrunian le strade;
E i due giovani a Fera, e alla magione
Di Diócle arrivâr, del prode figlio
D’Orsiloco d’Alféo, dove riposi
Ebber tranquilli, ed ospitali doni.230
Ma come al Sole con le man rosate
L’Aurora aperse le celesti porte,
I cavalli aggiogaro, e risaliro
La vergolata biga, e l’agitaro
Fuor dell’atrio, e del portico sonante.235
Sferzò i destrier Pisistrato, e i destrieri
Di buon grado volavano: nè molto
Stetter di Pilo ad apparir le torri.
     Allor così Telemaco si volse
Al figliuol di Nestorre: O di Nestorre240
Figliuol, non desti a me fede, che sempre
Ciò tu faresti, che mi fosse gioja?
Paterni ospiti siam, siam d’un’etade,