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libro decimoquinto 65

Mostrare i tanti, e così ricchi doni,
Ch’io da te ricevetti, e raccontargli,195
Quale accoglienza io n’ebbi, e qual commiato!
     Tal favellava; e a lui di sopra, e a destra,
Un’aquila volò, che bianca, e grande
Domestica oca con gli adunchi artigli
Dalla corte rapia. Dietro gridando200
Uomini, e donne le correan: ma quella
S’accostò, pur da destra, ai due garzoni,
E davanti ai destrier rivolò in alto.
Tutti gioiro a cotal vista, e primo
Fu Pisistrato a dir: Nobile Atride,205
Pensa in te stesso, se a te forse, o a noi
Tal prodigio inviaro i Sempiterni.
     Ei la risposta entro da sè cercava,
Ma l’antivenne la divina Eléna,
Dicendo, Udite me. Quel, ch’io indovino,210
Certo avverrà: chè me l’inspira un Nume.
Come questa volante aquila scesa
Dal natio monte, che i suoi parti guarda,
Si rapì l’oca nel cortil nodrita,
Non altrimenti Ulisse, alle paterne215
Case venuto da lontani lidi,
Su i Proci piomberà; se pur non venne,
E lor non apparecchia orrida morte.