Non ispero trovar bontà sì grande,
Non, se del padre, e della madre al dolce170
Nativo albergo io riparassi. È vero,
Che rivederli ardentemente io bramo
Nella terra natia: pur men li piango
D’Ulisse, ond’io l’assenza ognor sospiro.
Ospite, così appena io nomar l’oso,175
Benchè lontan da me: tanto ei m’amava,
Tal pigliava di me cura e pensiero.
Maggior fratello, dopo ancor la cruda
Sua dipartita, io più sovente il chiamo.
Dunque, l’eroe riprese, al suo ritorno180
Non credi, e stai sul niego? Ed io ti giuro,
Che Ulisse riede; nè già parlo a caso.
Ma tu la strenna del felice annunzio
M’appresta, bella tunica, e bel manto,
Di cui mi coprirai, com’egli appaja.185
Prima, sebben d’ogni sostanza scusso,
Nulla io riceverei: chè dell'Inferne
Porte al par sempre io detestai chi vinto
Dalla sua povertade il falso vende.
Chiamo il Saturnio in testimonio, chiamo190
L’ospital mensa, e dell’egregio Ulisse
Il venerando focolar, cui venni:
Ciò, ch’io dico, avverrà. Quest’anno istesso,