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libro decimoterzo 11

Sollevâr dalla nave, e seppellito
Nel sonno, siccom’era, in su l’arena145
Poserlo giù. Poi ne levaro i doni,
Ch’ei riportò dalla Feacia gente
Per favor di Minerva, e al piede uniti
Li collocaro della verde oliva,
Fuor del cammin, non s’avvenisse in loro150
Vïandante, e la man su lor mettesse,
Mentre l’eroe dormia. Quindi ritorno
Fean con la nave alla natia contrada.
     Nettuno intanto, che serbava in mente
Le minacce, che un dì contra il divino155
Laerziade scagliò, così il pensiero
Ne spiava di Giove: O Giove padre,
Chi più tra i Dei m’onorerà, se onore
Nieganmi i Feacesi, che mortali
Sono, e a me deon l’origine? Io credea,160
Che della sua nativa isola ai sassi
Giunger dovesse tra gli affanni Ulisse,
Cui non invidïava io quel ritorno,
Che tu gli promettesti, e del tuo capo
Confermasti col cenno. Ma i Feaci165
Dormendo il trasportâr su ratta nave,
E in Itaca il deposero, e il colmaro
Di doni in bronzo, e in oro, e in bei tessuti: