La ratta nave ad Itaca approdava.
Il porto è qui del marin vecchio Forco,120
Che due sporgenti in mar lidi scoscesi,
E l’uno all’altro ripieganti incontra,
Sì dal vento riparano, e dal fiotto,
Che di fune mestier non v’han le navi.
Spande sovra la cima i larghi rami125
Vivace oliva, e presso a questa un antro
S’apre amabile, opaco, ed alle Ninfe
Najadi sacro. Anfore, ed urne, in cui
Forman le industri pecchie il mel soave,
Vi son di marmo tutte, e pur di marmo130
Lunghi telai, dove purpurei drappi,
Maraviglia a veder, tesson le Ninfe.
Perenni onde vi scorrono, e due porte
Mettono ad esso: ad Aquilon si volge
L’una, e schiudesi all’uom; l’altra, che Noto135
Guarda, ha più del divino, ed un mortale
Per lei non varca: ella è la via de’ Numi.
In questo porto ai Feacesi conto
Dirittamente entrò l’agile nave,
Che sul lido andò mezza: di sì forti140
Remigatori la spingean le braccia!
Si gittaro nel lido; e Ulisse in prima
Co’ bianchi lini, e con la bella coltre