Portando in mezzo l’alma il saggio detto,
Nelle superne vedovili stanze
Ritornò con le ancelle. Ulisse a nome470
Lassù chiamava, il fren lentando al pianto
Finchè inviolle l’occhiglauca Palla
Sopitor degli affanni un sonno amico.
I drudi, accesi via più ancor, che prima
Del desio delle nozze a quella vista,475
Tumulto fean per l’oscurata sala.
E Telemaco ad essi: O della madre
Vagheggiatori indocili e oltraggiosi,
Diletto dalla mensa or si riceva,
Nè si schiamazzi, mentre canta un vate,480
Che uguale ai Numi stessi è nella voce.
Ma, riapparsa la bell’Alba, tutti
Nel Foro aduneremci, ov’io dirovvi
Senza paura, che di qua sgombriate;
Che gavazziate altrove; che l’un l’altro485
Inviti alla sua volta, e il suo divori.
Che se disfare impunemente un solo
Vi par meglio, seguite. Io dell’Olimpo
Gli abitatori invocherò, nè senza
Fiducia, che il Saturnio a colpe tali490
Un giusto guiderdon renda, e che inulto
Tinga un dì queste mura il vostro sangue.