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316 odissea

Nè m’offesero in terra uomini ostili.
Egisto, ordita con la mia perversa520
Donna una frode, a sè invitommi, e a mensa,
Come alle greppie inconsapevol bue,
L’empio mi trucidò. Così morii
Di morte infelicissima; e non lunge
Gli amici mi cadean, quai per illustri525
Nozze, o banchetto sontuoso, o lauta
A dispendio comun mensa imbandita,
Cadono i verri dalle bianche sanne.
Benchè molti a’ tuoi giorni o in folta pugna
Vedessi estinti, o in singolar certame,530
Non solita pietà tocco t’avrebbe,
Noi mirando, che stesi all’ospitali
Coppe intorno eravam, mentre correa
Purpureo sangue il pavimento tutto.
La dolente io sentii voce pietosa535
Della figlia di Priamo, di Cassandra,
Cui Clitennestra m’uccidea da presso,
La moglie iniqua; ed io, giacendo a terra,
Con moribonda man cercava il brando:
Ma la sfrontata si rivolse altrove,540
Nè gli occhi a me, che già scendea tra l’Ombre,
Chiudere, nè compor degnò le labbra.
No, più rea peste, più crudel non dassi