Dappoi che a Troja ne’ puledri bella
Seguii, per disertarla, il primo Atride.220
Su via, mi narra, e schiettamente, come
Te la di lunghi sonni apportatrice
Parca domò. Ti vinse un lungo morbo,
O te Diana faretrata assalse
Con improvvisa non amara freccia?225
Vive l’antico padre, il figlio vive,
Che in Itaca io lasciai? Nelle man loro
Resta, o passò ad altrui la mia ricchezza,
E ch’io non rieda più, si fa ragione?
E la consorte mia qual cor, qual mente230
Serba? Dimora col fanciullo, e tutto
Gelosamente custodisce, o alcuno
Tra i primi degli Achéi forse impalmolla?
Riprese allor la veneranda madre:
La moglie tua non lasciò mai la soglia235
Del tuo palagio; e lentamente a lei
Scorron nel pianto i dì, scorron le notti.
Stranier nel tuo retaggio, in sin ch’io vissi,
Non entrò: il figlio su i paterni campi
Vigila in pace, e alle più illustri mense,240
Cui l’invita ciascuno, e che non dee
Chi nacque al regno dispregiar, s’asside.
Ma in villa i dì passa Laerte, e mai