Gli s’infranse, e volò l’anima a Dite.
Ragunatisi i miei, Forse, io lor dissi,695
Alle patrie contrade andar credete.
Ma un altro pria la venerabil Diva
Ci destinò cammin, che ai foschi regni
Di Pluto, e di Proserpina conduce,
Per quivi interrogar del rinomato700
Teban Tiresia l’indovino spirto.
Duol mortale gli assalse a questi detti.
Piangeano, e fermi rimanean lì lì,
E la chioma stracciavansi: ma indarno
Lo strazio della chioma era, ed il pianto.705
Mentre al mar tristi tendevamo, e spesse
Lagrime spargevam, Circe, che in via
Pur s’era posta, alla veloce nave
Legò la bruna pecora, e il montone.
Ci oltrepassò, che non ce ne avvedemmo,710
Con piè leggiero. Chi potria de’Numi
Scorgere alcun, che qua, o là si mova,
Quando dall’occhio uman voglion celarsi?