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libro decimo 279

Porsemi già dal suol per lui divelta,
E la natura divisonne: bruna395
N’è la radice; il fior bianco di latte;
Moli i Numi la chiamano: resiste
Alla mano mortal, che vuol dal suolo
Staccarla; ai Dei, che tutto ponno, cede.
Detto, dalla boscosa isola il nume400
Alle pendici dell’Olimpo ascese;
Ed io ver Circe andai: ma di pensieri
In gran tempesta m’ondeggiava il core.
     Giunto alla Diva dalle belle trecce,
La voce alzai dall’atrio. Udimmi, e ratta405
Levossi, e aprì le luminose porte,
E m’invitava: io la seguia non lieto.
Sovra un distinto d’argentini chiovi
Seggio a grand’arte fatto, e vago assai,
Mi pose: lo sgabello i piè reggea.410
Quindi con alma, che pensava mali,
La mista preparommi in aureo nappo
Bevanda incantatrice, ed io la presi
Dalla sua mano, e bebbi; e non mi nocque.
Però in quel che la Dea me della lunga415
Verga percosse, e, Vanne, disse, e a terra
Co’ tuoi compagni nella stalla giaci,
Tirai dal fianco il brando, e contra lei,