Pagina:Odissea (Pindemonte).djvu/285

270 odissea

Dar di forza nel mar co’ remi ingiunsi,
Se il fuggir morte premea loro; e quelli170
Di tal modo arrancavano, che i gravi
Massi, che piovean d’alto, il mio naviglio
Lietamente schivò: ma gli altri tutti
Colà restaro sfracellati e spersi.
     Contenti dello scampo, e in un dogliosi175
Per li troppi compagni in sì crudele
Guisa periti, navigammo avanti,
E su l’isola Eéa sorgemmo, dove
Circe, Diva terribile, dal crespo
Crine, e dal dolce canto, avea soggiorno.180
Suora germana del prudente Eeta,
Dal Sole aggiornator nacque, e da Persa
Dell’antico Oceàn figliuola illustre.
Taciti a terra ci accostammo, entrammo,
Non senza un Dio, che ci guidasse, il cavo185
Porto, e sul lido uscimmo; e qui due giorni
Giacevamo, e due notti, il cor del pari
La stanchezza rodendoci, e la doglia.
     Come recato ebbe il dì terzo l’Alba,
Io, presa l’asta, ed il pungente brando,190
Rapidamente andai sovra un’altezza,
Se d’uomo io vedessi opra, o voce udissi.
Fermato il piè su la scoscesa cima,