Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
263 |
LIBRO DECIMO.
Giungemmo nell’Eolia, ove il diletto
Agl’immortali Dei d’Ippota figlio,
Eolo, abitava in isola natante,
Cui tutta un muro d’infrangibil rame,
E una liscia circonda eccelsa rupe.5
Dodici, sei d’un sesso, e sei dell’altro,
Gli nacquer figli in casa; ed ei congiunse
Per nodo marital suore, e fratelli,
Che avean degli anni il più bel fior sul volto.
Costoro ciascun dì siedon tra il padre10
Caro, e l’augusta madre, ad una mensa
Di varie carca dilicate dapi.
Tutto il palagio, finchè il giorno splende,
Spira fragranze, e d’armonie risuona.
Poi, caduta su l’isola la notte,15
Chiudono al sonno le bramose ciglia
In traforati, e attappezzati letti
Con le donne pudiche i fidi sposi.