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libro nono 255

Che Nessuno recommi, un uom da nulla.
Disse; e da sè lo spingea fuori al pasco.595
     Tosto che dietro a noi l’infame speco
Lasciato avemmo, ed il cortile ingiusto,
Tardo a sciormi io non fui dall’arïete,
E poi gli altri a slegar, che, ragunate
Molte in gran fretta piedilunghe agnelle,600
Cacciavansele avanti in sino al mare.
Desiati apparimmo, e come usciti
Dalle fauci di Morte, a quei, che in guardia
Rimaser della nave, e che i compagni,
Che non vedeano, a lagrimar si diero.605
Ma io non consentialo, e con le ciglia
Cenno lor fea di ritenere il pianto,
E comandava lor, che, messe in nave
Le molte in pria vellosplendenti agnelle,
Si fendessero i flutti. E già il naviglio610
Salian, sedean su i banchi, e percotendo
Gïan co’ remi concordi il bianco mare.
Ma come fummo un gridar d’uom lontani,
Così il Ciclope io motteggiai: Ciclope,
Color, che nel tuo cavo antro, le grandi615
Forze abusando, divorasti, amici
Non eran dunque d’un mortal da nulla,
E il mal te pur coglier dovea. Malvagio!