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libro nono 253

Su le teste il disastro. Al fine in questa
Dopo molto girar fraude io m’arresto.545
Montoni di gran mole, e pingui, e belli,
Di folta carchi porporina lana,
Rinchiudea la caverna. Io tre per volta
Prendeane, e in un gli unia tacitamente
Co’ vinchi attorti, sovra cui solea550
Polifemo dormir: quel, ch’era in mezzo,
Portava sotto il ventre un de’ compagni,
Cui fean riparo i due, ch’ivan da lato,
E così un uomo conducean tre bruti.
Indi afferrai pel tergo un arïete555
Maggior di tutti, e della greggia il fiore,
Mi rivoltai sotto il lanoso ventre,
E, le mani avvolgendo entro ai gran velli,
Con fermo cor mi v’attenea sospeso.
Così, gemendo, aspettavam l’Aurora.560
     Sorta l’Aurora, e tinto in roseo il cielo,
Fuor della grotta i maschi alla pastura
Gittavansi; e le femmine non munte,
Che gravi molto si sentian le poppe,
Riempiean di belati i lor serragli.565
Il padron, cui ferian continue doglie,
D’ogni montone, che diritto stava,
Palpava il tergo; e non s’avvide il folle,