Polita fu, da un lato io l’affilai,
L’abbrustolai nel foco, e sotto il fimo,420
Ch’ivi in gran copia s’accogliea, l’ascosi.
Quindi a sorte tirar coloro io feci,
Che alzar meco dovessero, e al Ciclope
L’adusto palo conficcar nell’occhio,
Tosto che i sensi gli togliesse il sonno.425
Fortuna i quattro, ch’io bramava, appunto
Donommi, e il quinto io fui. Cadea la sera,
E dai campi tornava il fier pastore,
Che la sua greggia di lucenti lane
Tutta introdusse nel capace speco:430
O di noi sospettasse, o prescrivesse
Così il Saturnio. Nuovamente imposto
Quel, che rimosso avea, disconcio masso,
Pecore, e capre alla tremola voce
Mungea sedendo, a maraviglia il tutto,435
E a questa mettea sotto, e a quella i parti.
Fornita ogni opra, m’abbrancò di nuovo
Due de’ compagni, e cenò d’essi il mostro.
Allora io trassi avanti, e, in man tenendo
D’edra una coppa, Te’, Ciclope, io dissi:440
Poichè cibasti umana carne, vino
Bevi ora, e impara, qual su l’onde salse
Bevanda carreggiava il nostro legno.