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libro nono 245

Venerabile altrui. Ciò detto, io tacqui.
     Ed ei con atroce alma: O ti fallisce,345
Straniero, il senno, o tu di lunge vieni,
Che vuoi, che i Numi io riverisca, e tema.
L'Egidarmato di Saturno figlio
Non temono i Ciclopi, o gli altri Iddj:
Chè di loro siam noi molto più forti.350
Nè, perchè Giove inimicarmi io debba,
A te concederò perdono, e a questi
Compagni tuoi, se a me il mio cor nol detta.
Ma dimmi: ove approdasti? All’orlo estremo
Di questa terra, o a più propinquo lido?355
     Così egli tastommi, ed io, che molto
D’esperïenza ricettai nel petto,
Ravvistomi del tratto, incontanente
Arte in tal modo gli rendei per arte:
Nettuno là, ’ve termina, e s’avanza360
La vostra terra con gran punta in mare,
Spinse la nave mia contra uno scoglio,
E le spezzate tavole per l’onda
Sen portò il vento. Dall’estremo danno
Con questi pochi io mi sottrassi appena.365
Nulla il barbaro a ciò: ma, dando un lancio,
La man ponea sovra i compagni, e due
Brancavane ad un tempo; e, quai cagnuoli,