E così un pingue suolo il vomer curvo
Riceveria, che altissima troncarvi170
Potriasi al tempo la bramata messe.
Che del porto dirò? Non v’ha di fune,
Nè d’àncora mestieri; e chi già entrovvi,
Tanto vi può indugiar, che de’ nocchieri
Le voglie si raccendano, e secondi175
Spirino i venti. Ma del porto in cima
S’apre una grotta, sotto cui zampilla
L’argentina onda d’una fonte, e a cui
Fan verdissimi pioppi ombra e corona.
Là smontavamo, e per l’oscura notte,180
Noi, spenta ogni veduta, un Dio scorgea:
Chè una densa caligine alle navi
Stava d’intorno, nè splendea di cielo
La Luna, che d’un nembo era coverta.
Quindi nessun l’isola vide, e i vasti185
Flutti al lido volventisi, che prima
Approdati non fossimo. Approdati,
Tutte le vele raccogliemmo, uscimmo
Sul lido, e l’Alba dalle rosee dita,
Nel sonno disciogliendoci, aspettammo.190
Sorta la figlia del mattino appena,
L’isoletta, che in noi gran maraviglia
Destò, passeggiavamo. Allor le Ninfe,