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libro nono 235

Ove due giorni interi, e tante notti,
Posavam lassi, e addolorati, e muti.95
     Ma come l’Alba dai capelli d’oro
Il dì terzo recò, gli alberi alzati,
E dispiegate le candide vele,
Entro i navigli sedevam, la cura
Al timonier lasciandone, ed al vento.100
Tempo era quello da toccar le amate
Sponde natie: se non che Borea, e un’aspra
Corrente me, che la Maléa girava,
Respinse indietro, ed a Citera svolse.
Per nove infausti dì sul mar pescoso105
I venti rei mi trasportaro. Al fine
Nel decimo sbarcammo in su le rive
De’ Lotofági, un popolo, a cui cibo
È d’una pianta il florido germoglio.
Entrammo nella terra, acqua attignemmo,110
E pasteggiammo appo le navi. Estinti
Della fame i desiri, e della sete,
Io due scelgo de’ nostri, a cui per terzo
Giungo un araldo, e a investigar li mando,
Quai mortali il paese alberghi, e nutra.115
Partiro e s’affrontaro a quella gente,
Che, lunge dal voler la vita loro,
Il dolce loto a savorar lor porse.