Pagina:Odissea (Pindemonte).djvu/184


libro sesto 169

Fermar qui la sua stanza! Orsù, di cibo
Sovvenitelo, amiche, e di bevanda.345
     Quelle ascoltaro con orecchio teso,
E il comando seguîr: cibo, e bevanda
All’ospite imbandiro; e il pazïente
Divino Ulisse con bramose fauci
L’uno, e l’altra prendea, qual chi gran tempo350
Bramò i ristori della mensa indarno.
     Qui l’occhinera vergine novello
Partito immaginò. Sul vago carro
Le ripiegate vestimenta pose,
Aggiunse i muli di forte unghia, e salse.355
Poi così Ulisse confortava: Sorgi,
Stranier, se alla cittade ir ti talenta,
E il mio padre veder, nel cui palagio
S’accoglieran della Feacia i Capi.
Ma, quando folle non mi sembri punto,360
Cotal modo terrai. Finchè moviamo
De’ buoi tra le fatiche, e de’ coloni,
Tu con le ancelle dopo il carro vieni
Non lentamente: io ti sarò per guida.
Come da presso la cittade avremo,365
Divideremci. È la città da un alto
Muro cerchiata, e due bei porti vanta
D’angusta foce, un quinci, e l’altro quindi,