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libro sesto 165

Me uscito dell’Ogigia isola dieci
Portava giorni e dieci il vento, e il fiotto.245
Scampai dall’onda ieri soltanto, e un Nume
Su queste piagge, a trovar forse nuovi
Disastri, mi gittò: poscia che stanchi
Di travagliarmi non cred’io gli Eterni.
Pietà di me, Regina, a cui la prima250
Dopo tante sventure innanzi io vegno,
Io, che degli abitanti, o la campagna
Tengali, o la città, nessun conobbi.
La cittade m’addita, e un panno dammi,
Che mi ricopra; dammi un sol, se panni255
Qua recasti con te, di panni invoglio.
E a te gli Dei, quanto il tuo cor desia,
Si compiaccian largir: consorte, e figli,
E un sol volere in due; però ch’io vita,
Non so più invidïabile, che dove260
La propria casa con un’alma sola
Veggonsi governar marito, e donna.
Duol grande i tristi n’hanno, e gioja i buoni:
Ma quei, ch’esultan più, sono i due sposi.
     O forestier, tu non mi sembri punto265
Dissennato, e dappoco, allor rispose
La verginetta dalle bianche braccia.
L’Olimpio Giove, che sovente al tristo