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     Le forze a tanto, ed il coraggio Ulisse
Fallir si sente, e dice a sè, gemendo:520
Qual pro, che Giove il disperato suolo
Mostri, e io m’abbia la via per l’onde aperta,
Se dell’uscirne fuor non veggio il come?
Sporgon su l’onde acuti sassi, a cui
L’impetuoso flutto intorno freme,525
E una rupe va su liscia e lucente:
Nè così basso è il mar, che nell’arena
Fermare il piè securamente io valga.
Quindi, s’io trar men voglio, un gran maroso
Sovra di sè può tormi, e in dura pietra530
Cacciarmi; o s’io lungo le rupi cerco
Notando un porto, o una declive schiena,
Temo, non procellosa onda m’avvolga,
E sospirando gravemente in grembo
Mi risospinga del pescoso mare.535
Forse un de’ mostri ancor, che molti nutre
Ne’ gorghi suoi la nobile Anfitrite,
M’assalirà: chè l’odio io ben conobbi,
Che m’ha quel Dio, per cui la terra trema.
     Stando egli in tai pensieri, una sconcia onda540
Trasportollo con sè ver l’ineguale
Spiaggia, che lacerata in un sol punto
La pelle avriagli, e sgretolate l’ossa,