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libro quinto 131

L'un dall'altro, e fuggenti; e di vïole
Ricca si dispiegava in ogni dove95
De' molli prati l'immortal verzura.
Questa scena era tal, che sino a un Nume
Non potea farsi ad essa, e non sentirsi
Di maraviglia colmo, e di dolcezza.
Mercurio, immoto, s'ammirava; e, molto100
Lodatola in suo core, all'antro cavo,
Non indugiando più, dentro si mise.
     Calipso, inclita Dea, non ebbe in lui
Gli occhi affissati, che il conobbe: quando
Per distante, che l'un dall'altro alberghi,105
Celarsi l'uno all'altro i Dei non ponno.
Ma nella grotta il generoso Ulisse
Non era: mesto sul deserto lido,
Cui spesso si rendea, sedeasi; ed ivi
Con dolori, con gemiti, con pianti110
Struggeasi l'alma, e l'infecondo mare
Sempre agguardava, lagrime stillando.
     La Diva il Nume interrogò, cui posto
Su mirabile avea seggio lucente:
Mercurio, Nume venerato, e caro,115
Che della verga d'òr la man guernisci,
Qual mai cagione a me, che per l'addietro
Non visitavi, oggi t'addusse? Parla.