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libro quarto 119

La dodicesm’Aurora, onde col pianto
Da te non s’oltraggiasse il tuo bel corpo.945
Su via, ti bagna, e bianca veste prendi,
E, con le ancelle tue nell’alto ascesa,
Priega Minerva, che il figliuol ti guardi:
Nè affligger più con imbasciate il veglio
Già per sè afflitto assai. No, tanto ai Numi950
Non è d’Arcesio la progenie in ira,
Che un germe viver non ne debba, a cui
Queste muraglie sorgano, e i remoti
Si ricuopran di messe allegri campi.
     Con queste voci le sopì nel petto955
La doglia, e il pianto le arrestò sul ciglio.
Ella bagnossi, bianca veste prese,
E, con le ancelle sue nell’alto ascesa,
Pose il sacr’orzo nel canestro, e il sale,
E a Palla supplicò. M’ascolta, disse,960
O dell’Egïoco Giove inclita figlia.
Se il mio consorte ne’ paterni tetti
Pingui d’agna, o di bue cosce mai t’arse,
Oggi per me ten risovvenga: il figlio
Guardami, e sgombra dal palagio i Proci,965
Di cui più ciascun dì monta l’orgoglio.
Scoppiò in un grido dopo tai parole,
E l’Atenéa Minerva il priego accolse.