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Noemòn ripigliò. Chi potea mai
Con sì nobil garzone, e sì infelice820
Stare in sul niego? Gioventù seguillo
Della miglior tra il popolo Itacese,
E condottier salia la negra nave
Mentore, o un Dio, che ne vestia l’aspetto.
E maraviglio io ben, ch’ieri su l’Alba825
Mentore io scorsi. Or come allor la negra
Nave salì, che veleggiava a Pilo?
Disse, e del padre alla magion si rese.
     Atterriti rimasero. Cessaro
Gli altri da’ giochi, e s’adagiaro anch’essi,830
E a tutti favellò d’Eupite il figlio:
Se gli gonfiava della furia il core
Di caligine cinto, e le pupille
Nella fronte gli ardean, come duo fiamme.
Grande per fermo, e audace impresa è questo,835
Cui già nessun di noi fede prestava,
Viaggio di Telemaco! Un garzone,
Un fanciullo gittar nave nel mare,
Di tanti uomini ad onta, e aprire al vento
Con la più scelta gioventù le vele?840
Nè il male qui s’arresterà: ma Giove
A Telemaco pria franga ogni possa,
Che una tal piaga dilatarsi io veggia.