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110 odissea

La cena s’apprestò. Cadde la notte
Dell’uom ristoratrice, e noi del mare720
Ci addormentammo sul tranquillo lido.
Ma del mattin la figlia ebbe consperso
Di rose Orïentali appena il cielo,
Che nel divino mar varammo i legni
D’uguali sponde armati, e con le vele725
Gli alberi alzammo: entraro, e sovra i banchi
I compagni sedettero, ed assisi
Co’ remi percotean l’onde spumose.
Del fiume Egitto, che da Giove scende,
Un’altra volta all’abborrita foce730
Io fermai le mie navi, e giuste ai Numi
Vittime offersi, e ne placai lo sdegno.
Eressi anco al german tomba, che vivo
In quelle parti ne serbasse il nome.
Dopo ciò, rimbarcaimi, e con un vento,735
Che mi feria dirittamente in poppa,
Pervenni folgorando ai porti miei.
Or, Telemaco, via, tanto ti piaccia
Rimaner, che l’undecima riluca
Nell’Orïente, o la duodecim’Alba.740
Io ti prometto congedarti allora
Con doni eletti: tre destrieri, e un vago
Cocchio, ed in oltre una leggiadra tazza