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108 odissea

E accolto a mensa lo scannò, qual toro,
Cui scende su la testa innanzi al pieno670
Presepe suo l’inaspettata scure.
Non visse d’Agamennone, o d’Egisto
Solo un compagno: ma di tutti corse
Confuso, e misto nel palagio il sangue.
     E a me schiantossi il core a queste voci.675
Pianto io versava su l’arena steso,
Nè più mirar del Sol volea la luce.
Ma come di plorar, di voltolarmi
Sovra il nudo terren sazio gli parvi,
Tal seguitava il non mendace vecchio:680
Resta, o figlio d’Atréo, dall’infinite
Lagrime per un mal, che omai compenso
Non pate alcuno, e t’argomenta in vece
Più veloce, che puoi, riedere in Argo.
Troverai vivo ne’ suoi tetti Egisto,685
O l’avrà poco dianzi Oreste ucciso,
E tu al funébre assisterai banchetto.
     Disse; e di gioja un improvviso raggio
Nel mio cor balenava. Io già d’Ajace,
Risposi, e del fratello, assai compresi.690
Chi è quel terzo, che il suo reo destino
Vivo nel sen del mare, o estinto forse,
Ritiene? Io d’udir temo, e bramo a un tempo.