Ratto la prole d’un eroe si scorge,
Cui del natale al giorno, e delle nozze270
Destinò Giove un fortunato corso,
Come al Nelíde, che invecchiare ottenne
Nel suo palagio mollemente, e saggi
Figli mirar, non che dell’asta dotti.
Dunque, sbandito dalle ciglia il pianto,275
Si ripensi alla cena, e un’altra volta
La pura su le mani onda si sparga.
Sermoni alterni anche al novello Sole
Fra Telemaco, e me correr potranno.
Disse; ed Asfalïone, un servo attento,280
Spargea su le man l’onda, e i convitati
Nuovamente cibavansi. Ma in altro
Pensiero allora Elena entrò. Nel dolce
Vino, di cui bevean, farmaco infuse
Contrario al pianto, e all’ira, e che l’obblio285
Seco inducea d’ogni travaglio e cura.
Chiunque misto col vermiglio umore
Nel seno il ricevè, tutto quel giorno
Lagrime non gli scorrono dal volto,
Non, se la madre, o il genitor perduto,290
Non, se visto con gli occhi a sè davante
Figlio avesse, o fratel di spada ucciso.
Cotai la figlia dell’Olimpio Giove