Ricettare io pensava entro i miei regni,
Io carezzarlo sovra tutti i Greci,220
Se ad ambo ritornar su i cavi legni
L’Olimpio dava onniveggente Giove.
Una io cedere a lui delle vicine
Volea cittade Argive, ov’io comando,
E lui chiamar, che dai nativi sassi225
D’Itaca in quella mia, ch’io prima avrei
D’uomini vôta, e di novelli ornata
Muri, e palagi, ad abitar venisse
Col figlio, le sostanze, e il popol tutto.
Così, vivendo sotto un cielo, e spesso230
L’un l’altro visitando, avremmo i dolci
Frutti raccolti d’amistà sì fida:
Nè l’un dall’altro si saria disgiunto
Che steso non si fosse il negro velo
Di °Morte sovra noi. Ma un tanto bene235
Giove c’invidïò, cui del ritorno
Piacque fraudar quell’infelice solo.
Sorse in ciascuno a tai parole un vivo
Di lagrime desio. Piangea la figlia
Di Giove, l’Argiva Elena, piangea240
D’Ulisse il figlio, ed il secondo Atride;
Nè asciutte avea Pisistrato le guance,
Che il fratello incolpabile, cui morte