Ne volsi lo sguardo, chè udiva,
lontano
sì, meno pur d’Elena, un canto 125di note parole
tra un murmure vano
di pettini e spole.
Io vidi la casa di Circe
guardata da mansi leoni, 130sublime, marmorea, con troni
d’argento.
Io dissi: O mia casa! O mia casa
che scricchioli al vento!
col logoro tuo limitare, 135dov’Argo s’adagia, fiutando nel mare!
La dea della notte,
perchè mi cadesse il ritorno
dal cuore,
mi diede un suo manto 140tra cui non si muore.
Ma io lo bagnava, ogni giorno,
di pianto.
Mi disse: Immortale
sarai, se rimani... — Morire! 145ma nella mia terra! morire!
vedendone, lungi, le spire
del fumo che sale.
Egli piangeva, e stava ora a lui presso
un’altocinta vergine ricciuta, 150che, rosea sorta al rosseggiar del giorno,
alla sempre corrente acqua veniva
della fontana. Ella portava in capo
un suo canestro di dedalei vinchi,
con le vesti de’ floridi fratelli,