Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
E prese, con un grande urto dei remi,
terra la nave: e gl’incliti Feaci
ne levarono prima alto l’eroe,
e su la rena del sonante mare
5lo posero. E dal sonno era domato.
Trassero quindi i tripodi squillanti
e i lebeti di bronzo ed i talenti
d’oro, ed al ceppo del frondoso olivo
li posero in un mucchio. Era nell’ombra
10notturna la lor cauta opera e il loro
tacito andare; ma nel cielo apparso
già era il mattutino astro, il più bello
degli astri, e ardeva su l’eroe dormente.
L’eroe dormiva, e non sapea più nulla
15dei molti affanni che patì nel cuore;
e dal suo mite sonno era lontano
il fragor di battaglie e di tempeste.
Ma non lontano il murmure d’un fonte,
dell’Aretusa, e non lontano l’antro
20delle ninfe e dell’api, ove le ninfe
tessean notturne su’ telai di pietra,
mentre pendean tra l’anfore e i crateri,
grappoli, con ronzii subiti, d’api.
E i longi-remi marinai Feaci
25salian la nave; indi gli scalmi in fila
sedean, tornando all’isola felice: