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72 | LE ODI DI PINDARO |
Epodo
Anche il valor d’Anfitríone nutrí. Giunse questi nel solco
già fecondato dal Nume: ché mentre l’eroe sterminava,
chiuso nell’arme, i Telèbi, il sire dei Superi, assunta
la sua sembianza, alla reggia
venne, recando l’impavido germe d’Alcíde; a cui sposa
Ebe, vaghissima Diva, ora è, nelle case d’Olimpo,
vicina alla pronuba madre.
II
Strofe
Troppo breve è il mio fiato; né tutti può correr di gloria i sentieri
che son d’Argo sacra retaggio;
ed affrontare il fastidio degli uomini è grave. Ma pure,
desta la lira sonora,
volgi alle ginniche gare la mente; ché il bronzeo certame
spinge le genti ove ad Era si sgozzano tauri, e d’agoni
si fa giudizio: ché il figlio
d’Ulía, qui due volte riscosse l’oblio della nobil fatica.
Antistrofe
Degli ellèni campioni la schiera in Pito ei già vinse. E Fortuna
nell’Istmo e in Nemea gli fu socia.
Quivi alle Muse egli offerse, che cura ne avessero, il serto:
tre su le porte del ponto,