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70 LE ODI DI PINDARO


ché poi vinse già in Atene, nelle panatenaiche, e mandò a casa le anfore piene d’olio che colà si davano ai vincitori (26-46).

Dei resto, guadagnare ghirlande negli agoni è ereditario nella famiglia di Teèo. Tràsiclo e Antia, suoi zii materni, riportarono vittorie nei giuochi d’Argo (sotto la rocca di Preto), di Corinto, a Nemea (presso i Cleoni che agiudicarono i premî in queste gare) in Sicione, in Pellene, a Clítore, a Tegèa, sotto il Linceo, e in altre città d’Argo (46-62).

Ne è da meravigliare: ché ospiti del loro avolo Panfao furono i due figli di Giove, Castore e Polluce, patroni di tutti i ludi ginnici e guerreschi (63-69).

Mito di Castore e Polluce, che vivono alternamente, un giorno in cielo, uno nelle sotterranee grotte di Terapne. Quando essi rubarono i bovi dei figli di Afarete, Ida e Linceo, questi uccisero Càstore: Polluce, accorso alla riscossa, uccise loro, e Giove inoltre li incenerì con un folgore. Castore respirava ancora; e Polluce lo salvò, impetrando da Giove la nota grazia.

La data di questa ode è incerta. Notevoli sono i particolari intorno ai premi degli agoni: e di grandissimo effetto la chiusa, con le prime parole che escono dal labbro di Castore, tornato a vita dall’amore fraterno.