parabile preludio della prima Pitica. Certo è uno dei piú vivaci e pittoreschi brani di Pindaro e della poesia greca.
Da Strabone, che riferisce i primi due versi, sappiamo che apparteneva allo stesso ditirambo l’altro frammento in cui il poeta si rivolge direttamente a Cibele (Bergk 3, 57 B.).
ERCOLE L’ARDITO O CERBERO
Strofe I
Al par d’una fune di vimini
un dí strascicavasi il canto
dei ditirambi; ed impuro
uscía l’esse dai dorici labbri.
Dei templi le porte or s’abbattono
ad essi dinanzi; ché sanno
qual festa per Bromio,
sin presso allo scettro
di Giove, gli Uranî
festeggiano dentro la reggia.
Echeggiano prima
i rombi dei timpani presso Cibèle,
e crèpitan cròtali; e fiaccole
sottesse le rame
rossastre dei pini; e profondi
di Nàiadi gemiti
si levano, e smanie, e alalà:
addietro le teste si scagliano.
Il folgore guizza possente con l’alito
di fuoco; e la lancia d’Eníalo;
e di Pàllade l’egida invitta
risuona pel sibilo d’innumeri serpi.
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