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150 | LE ODI DI PINDARO |
Epodo
ma de le gravi percosse trovò salutare compenso
sui piani di Neme profondi, nell’inno che loda sua gloria.
Or, se il figliuol d’Aristòfane è bello, e s’adorna d’imprese
a sua beltà cònsone, ei tocca
il sommo fastigio di gloria. L’impervïo pelago
piú oltre solcar non è facile, di là dai pilastri d’Alcide,
II
Strofe
cui pose l’eroe, de la rotta suprema ai nocchieri
segnacolo eccelso; ed i mostri del pelago immani
uccise; e scoprí le fluenti
d’incogniti mari, e le plaghe
ignote e la via che al ritorno dirige. A che mèta straniera,
rivolgi, mio cuore, la prora? Conduci
ad Èaco e a sua stirpe la Musa. Momento
propizio è ch’esaltisi un fior di giustizia;
Antistrofe
né l’uomo sopporta le lodi degli altri. Tu in casa
ben cerca: ché nobile fregio togliesti a cantare.
Si allegra d’avite virtú
Pelèo, che divelse la lancia
immane, che solo, che privo d’esercito, Iolco espugnò,
che Teti con duro travaglio conquise.
E il saldo Telàmone, unitosi a Iòlao,
everse la rocca di Laomedonte,