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ODE NEMEA IV 133


Quand’anche t’avvolga del pelago la furia profonda,
rifletti e resisti: ché noi nella luce,
calcando i nemici, moviamo; ma l’invido
si pasce di vani
disegni, che a terra, nel buio, rovinano.


VI


Per me, la virtude qualsiasi che il Fato sovrano
mi diede, ben so che il futuro
rependo a me contro,
a fin l’addurrà, che si compia.
O cetera dolce, e tu súbito con lidia melode
intessi quest’inno diletto ad Enóna
e a Cipro. Ivi Teucro, figliuol di Telàmone
fu sire: riposo
offrí Salamina sua patria, ad Aiace:


VII


è Achille ne l’isola fulgida del Ponto ospitale:
è Teti sovrana di Ftia:
fu re Neottòlemo
de l’ampia contrada d’Epiro,
là dove i pianori ed i pascoli dei buoi, da Dodona
si spiccano, e giungono al valico Ionio:
e ai piedi del Pelio, Pelèo stese al suolo
le mura di Iolco,
la diede agli Emòni, che schiava lor fosse,