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I Cleandridi, ai quali apparteneva il Timasarco celebrato in questa ode, erano una famiglia di atleti e di musicisti. Il padre di Timasarco, Timocrito, era citarista; e musicista era anche il nonno paterno, Eufane, il cui figliuolo Callide, zio di Timasarco, era atleta, ed aveva vinto alle gare Istmiche.

«Nulla — dice Pindaro — per dar coraggio agli atleti, vale quanto il canto, che sopravvive alle gesta. Io canterò Timasarco: se fosse vivo suo padre Timocrito, accompagnerebbe con la cetera l’inno che io sciolgo per le vittorie da lui conseguite negli agoni dei Cleonî (i giuochi Nemei, che erano amministrati da cittadini di Cleona), d’Atene, e di Tebe: di Tebe, reggia di Eracle (1-26).

Insieme con Eracle Telamone distrusse i Meropi ed uccise Alcione (27-35).

Ma il tempo incalza: io vo’ dire il novilunio, in cui si celebrò la vittoria di Timasarco. Non si scoraggi questi per le mene degl’invidiosi che lavorano sott’acqua: alla luce del giorno trionferemo, egli, ed io che lo canterò (36-48).

In quanti luoghi della terra regnarono e riposano spenti gli Eacidi! Teucro a Cipro, Aiace a Salamina, Achille nell’isola Leucade, dove la madre lo portò dopo la morte, Tetide a Ftia, Neottolemo in Epiro, Peleo a Iolco (49-62).

Mito di Peleo ed Ippolita. Dopo la fraudolenta denunzia della sposa infedele, il marito Acasto condusse Peleo per forre

Pindaro - Le Odi II - 9