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122 LE ODI DI PINDARO


ché il tempo ingannevole incombe
sugli uomini, e il tramite volge di vita. Per tali
sciagure, può il farmaco
agli uomini dar Libertà. La speranza
conviene al mortale. A chi crebbe in Tebe settemplice, addicesi
che il fior delle Càriti porga ad Egina.
Ché Tebe ed Egina, le gèmine, le piú giovinette figliuole
fûr d’Asopo; e piacquero a Giove possente, che rese
la prima signora
d’equestre città su la bella sorgente di Dirce;


III


e ne l’isola Enòpia te addusse,
Egina, a giacere; ove al padre
che tuona profondo, il divino Eàco, il piú grande fra gli uomini,
tu desti a la luce.
Ed ei, fin dei Numi le liti
partiva; e i suoi figli divini, e i figli dei figli
guerrieri fûr primi
a reggere, prodi, la furia e il frastuono
del bronzo guerriero; e fûr saggi, prudenti ne l’animo furono.
Dei Numi il consesso ben prova ne diede,
il dí che per Teti contesero Giove e il fulgente Posídone,
ché amore spingevali, e ognuno voleva la bella,
che fosse sua sposa.
Ma i Superi saggi contesero ad essi le nozze.