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114 LE ODI DI PINDARO




Epodo

bene operare, e riscuoterne parole di lode.
D’essere Giove non púngati brama:
tutto possiedi su queste due cose t’accorda il Destino:
bene mortale conviene ai mortali.
Duplice onor ti fiorisce su l’Istmo, o Filàcide: in Neme
teco vinceva Pitèa nel pancrazio.
Ma non deliba il mio cuore
senza gli Eàcidi l’inno:
ché io di Lampone pei figli, insiem con le Grazie, ad Egina


II


Strofe

giunsi, alla ben governata città. S’ella muove
d’opre divine su fulgidi tramiti,
non ti sia grave la debita lode
delle fatiche, nei cantici
mescer; ché i suoi forti eroi
fama lucrarono, e celebri
son per millenni nel suono di cetre, di flauti canori.


Antistrofe

E per volere di Giove, di culto onorati
sono essi, e cura degli uomini saggi.
Alla gagliarda progenie d’Enèo
ardono vittime gli Ètoli:
Tebe a Iolào, di corsieri