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108 LE ODI DI PINDARO


Ma tutte narrar ie tue gesta per me troppo lungo sarebbe,
che io per Pitèa, per Filàcida, o Musa, qui giunsi
ministro di cantici. E tutto con poche
parole, come usano gli Argivi, dirò.


Antistrofe

Tre volte il pancrazio già vinser su l’Istmo
e in Neme, fra gli alberi fronzuti, gli splendidi
figliuoli, e il german de la madre: e quanti inni trassero a luce!
E aspergon la patria dei figli di Psàlico
col rorido umor de le Càriti:
e onor di Temistio alla casa recando, dimorano in questa
città cara ai Superi. E pregia Lampone quel detto
d’Esiodo: che all’opere attender bisogna
con cura; e ai suoi figli lo insegna; e li esorta,


Epodo

Egina adornando d’un pubblico fregio.
E, amato dagli ospiti pei suoi benefizi,
misura con l’animo cerca, misura mantiene;
né il labbro favella diverso da quello ch’ei pensa. Diresti
ch’egli è fra gli atleti
ciò ch’è fra le pietre la cote di Nasso, che tempera il bronzo.
Lo disseterò con le linfe di Dirce, che attinser le figlie
dell’aureo precinta Mnemòsine, vicino ai bei valli di Cadmo.