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8 LE ODI DI PINDARO


ereditate dagli avi materni, discendenti di Labdaco: tragica famiglia: onde anche i Cleonimidi ebbero le loro sciagure; ma da sciagure non vanno immuni che i figli dei Celesti (8-22).

Melisso con le sue vittorie ha dischiusa a Pindaro un’ampia via di canti. I Cleonimidi son sempre in fiore; ed erano onorati in Tebe già dai tempi remotissimi: chiari in ogni bella impresa, e massime in allevar corsieri. In una sola battaglia ne caddero ben quattro. Ma ora la casa rifiorisce: Posidone ha concessa loro la vittoria su l’Istmo; onde il canto di Pindaro. E già prima, alle gare d’Atene, e in Sicione, e in Olimpia, avevano raccolto il frutto dei loro dispendi (22-57).

Chi non si cimenta, nessuno lo conosce. Ma pure chi si cimenta, per essere conosciuto deve riuscir proprio bene; perché la fortuna muta, e perché spesso i da meno vincono con l’intrigo i migliori. Ne abbiamo la prova in Aiace, che fu vinto da Ulisse con la frode. Omero restaurò poi la sua fama; e il canto dei poeti è un raggio che non si spenge (57-73).

Mi concedano le Muse che accenda anch’io una tal fiaccola per Melisso. È un leone per bravura, e per furberia una volpe. Ché anche alla furberia dovè ricorrere, essendo piccolo di statura. Ma piccolo era anche Eracle, che pure ammazzò Anteo, e ghirlandò il tempio di Posidone con le teste dei nemici. E adesso gode la vita beata in Olimpo (73-95).

E i Tebani onorano con un banchetto e con fuochi ardenti tutta la notte lui e gli otto figliuoli ch’ebbe da Megara, nel secondo giorno degli agoni patri. Ed anche in questi agoni Melisso aveva conseguite due vittorie; ed una da giovinetto, quando seguiva gli ammaestramenti dell’alipte Orsea.

L’ode è molto accurata e ricca di particolari pittoreschi (40-44; 49-51; 78-79). Notevole è la evidente e mantenuta personificazione della Fama che dorme, e Posidone la ridesta, ed ella sorge; e l’altra, vivissima, della fiamma che calcitra contro il pingue fumo. Colore e freschezza aggiungono le