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Questa ode fu composta, come palesemente appare dai versi 24 sg., súbito dopo il tentativo di Anassilao, frustrato da Ierone, d’impadronirsi di Locri: nel 477. Ciò posto, sembra difficile negare il rapporto fra il mito d’Issione, narrato in essa, e i fatti che la ispirarono. Issione è Anassilao, che, beneficato da Ierone (v. pag. 17) lo ripagava con l’ingratitudine. E bisognerà intendere, o che aveva intrapresa la spedizione contro la esplicita volontà del signore di Siracusa, o che aveva reluttato alle sue prime imposizioni. Naturalmente, il rapporto si limita al fatto in genere; e ridicolo è andare a ricercare chi fu Era, chi la nuvola, e chi il Centauro. Parrebbe superfluo dirlo. Cosí fosse!

L’ode è di larga linea, varia di contenuto, ricca di particolari. Il piano tuttavia è semplice. Dall’elogio dei corsieri (1-15) si passa ad esaltare l’ultima gesta di Ierone (v. pag. 17). Altri poeti cantarono altri re: i canti Ciprî esaltano Cínira: la vergine epizefiria, salva dai rischi di guerra, esalta Ierone (16-27). Segue il mito (28-64): e dopo una breve divagazione su cui torneremo (65-74), ecco l’elogio di Ierone (75-89): in cui alle solite lodi convenzionali per la ricchezza, il senno e la fama, s’aggiunge quella per le imprese guerresche (82-86). Un’altra breve divagazione in cui il poeta offre il suo canto (89-94), introduce ad una parte personale e polemica (95-116). Pindaro esorta Ierone a pensare con la sua testa, e a non la-