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32 | LE ODI DI PINDARO |
III
il figlio di Dànae, cui padre, si narra, fu l’oro piovuto
dall’ètere. Or Pàllade, quando l’eroe prediletto ebbe salvo
da questo travaglio, sul flauto compose un multísono canto,
volendo il lungo ululo lugubre dal fitto guizzar delle fauci
sprizzante, imitare. La Dea compose quell’aria, ed agli uomini
presente ne fece, la disse canzone
dai capi molteplici; e fosse
compagna all’agon popoloso.
IV
Sgorga essa, dei balli compagna fedel, fra la tenüe lamina
di rame, e la canna che cresce nei prati cui bagna il Cefíso,
vicino a la bella contrada d’Orcòmeno, sacra a le Càriti. —
Se prospera sorte è tra gli uomini, da pena non mai si scompagna;
Ma un Nume segnare oggi stesso può fine alla pena. Non s’èvita
la sorte. Ma un giorno, giungendo imprevisto,
un bene avverrà che ti neghi,
e l’altro, inatteso, t’accordi.