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30 LE ODI DI PINDARO

ristica per la molteplicità, allora non consueta, dei tèmi. Oscuratosi, o deliberatamente repudiato il vero senso, il vocabolo capi fu inteso nel significato proprio, e ne derivò questo mito. Bellissimo, e tale che un musicista moderno potrebbe toglierne materia per una composizione sinfonica.

A proposito di Mida e di questa sua vittoria, gli antichi narrarono un aneddoto. Appena Mida ebbe incominciato a suonare, la linguetta del flauto (aulós: noi traduciamo flauto, ma in realtà era uno strumento a linguetta) si ruppe. Ma il virtuoso non se ne diede per intesa. Seguitò a suonare il flauto come fosse un sufolo, e ciò nondimeno seppe deliziare gli ascoltatori, ed ebbe la palma. La corda unica di Paganini. Gli uomini son sempre gli stessi fanciulli cicaloni.

Evidente, mi sembra, e strana, è qui una duplice concezione pindarica del mito di Medusa. Le Forcidi sono in origine concepite come uno dei tanti mostri tricorpori (Gerione, Cerbero, etc.) della mitologia greca; che per giunta aveva un occhio solo per tre teste; onde, recisa quella che lo possedeva, il mostro rimane accecato (v. 12). Tre corpi in uno, serpenti per capelli, un occhio per tre teste: non sono elementi da costituire una bellezza. E nondimeno, Pindaro parla della bellezza di Medusa: certo avendo in mente le piú recenti rappresentazioni artistiche di Medusa, che univano all’orrore della chioma anguiforme, la bellezza d’un volto virgineo.

La città invocata in principio è Agrigento: l’Agrigento ferace di greggi nel verso 2-3, è il fiume omonimo, che scorre presso la città. Di Perseo e della gioviale pioggia d’oro che gli die’ vita, tutti sanno. Meno ovvio è il mito di Polidete re dei Serifi, che, impadronitosi della madre di lui Danae, la costringeva a nozze ingrate. Perseo, recisa la testa di Medusa, inforcò Pegaso, volò sull’isola, e, mostrando la testa ferale, impietrò il re e tutti gl’isolani. Il mito fu largamente sfruttato dagli scrittori di commedie e di drammi satireschi.