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264 LE ODI DI PINDARO


varie migrazioni. Il capo della tribú si reca per una qualsiasi ragione a consultare l’oracolo: l’oracolo gli dice che abbandoni le terre avite e ne cerchi nuove, adombrate con qualche misterioso enigma. Cosí, e l’abbiamo visto, in questa ode pindarica.

Chiariti questi punti, mi sembra che la nostra ode, scritta per il rodiese Diagora, figlio di Damageto, e discendente dagli Amintoridi, non offra difficoltà (v. 18). Lo sprone dell’Asia è la penisola Cnidia, che si protende da settentrione su Rodi. L’arte di Promèteo (v. 44), è la previdenza, con allusione alla etimologia del nome Promèteo. Sul significato dell’«esplicare l’antica leggenda di Tlepolemo» (v. 23 sg.), si può discutere. Ma a me sembra chiaro. Pindaro dice subito che nessuno può prevedere quali fatti rechino agli uomini piú prosperi eventi. Tlepolemo uccise Licimnio. Ma se non l’avesse ucciso, non avrebbe esulato a Rodi, né sarebbe ascesa cosí alta la gloria degli Amintoridi.

La Olimpia VII, secondo uno storico antico, fu incisa in lettere d’oro sulle pareti del tempio di Atena Lindia.