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ODE OLIMPIA VII 261


le balzassero fuori dai gorghi del mare in grembo all’atmosfera»1.

Mirabile è dunque lo spirito intuitivo del mito narrato da Pindaro. Probabilmente, la presenza di animaletti marini nelle rocce calcaree dové dar l’idea che una volta Rodi fosse nel fondo del mare. E di qui la leggenda. Comunque, per la tempra del genio di Pindaro è interessante osservare come fra tanta varietà di miti, egli abbia scelto come punto centrale di tutto l’epicinio, appunto la pittura di questa origine meravigliosa. Pindaro prediligeva tali mirabili giuochi di forze elementari. E specialmente sembra lo seducesse questa visione di terre emergenti dal fondo degli abissi, attraverso glauche penombre d’acque marine. Ecco infatti, come, in un prosodio, figurava il miracolo di Delo errabonda, che si ferma perché Latona possa sgravarsi dei figliuoli divini, Apollo ed Artemide (Frammenti 87-88 Christ).


Strofe

Salute o fiorito per opra dei Numi
rampollo, carissimo ai figli di Lato dai morbidi riccioli,
o immobil prodigio dell’ampïa terra, figliuola del pelago,
cui gli uomini chiamano Delo,
e i numi d’Olimpia
astro lontano raggiante della cerulea terra.
.       .       .       .       .       .       .       .       .

Antistrofe
.       .       .       .       .       .       .       .       .
Prima dei flutti ludibrïo fu, dei molteplici cozzi
dei venti; ma quando la figlia di Coio

  1. Cosí Giuseppe de Lorenzo a proposito dell'analoga formazione di Capri, nel suo libro La terra e l'uomo, pag. 233.